L’Italia è una delle nazioni in cui vengono fatti i minori investimenti in marketing e pubblicità. Basta paragonare i fatturati medi delle agenzie di marketing e dei professionisti: oltre il 50% non guadagna più di 100.000 euro l’anno, a dimostrazione del fatto che ci sono tantissime agenzie che devono spartirsi pochi clienti e con investimenti davvero contratti.
Perché accade questo, però? E soprattutto: perché le aziende senza marketing falliscono più rapidamente delle altre?
Poeti, santi, navigatori, ma non imprenditori
Il detto dice che l’Italia sia il paese di poeti, santi e navigatori: non di imprenditori. Sebbene la piccola-media impresa sostenga da secoli il tessuto economico del paese, in Italia non si fa ancora impresa ad alto livello.
A riprova di questo possiamo analizzare i rapporti sul valore aggiunto della produzione, per esempio quelli raccontati in questo articolo de Il Sole 24 ore. La maggior parte dei prodotti in Italia non aggiunge sufficiente valore aggiunto al proprio mercato: siamo rinchiusi in piccole produzioni, nicchie e micro-pubblici che rendono estremamente complesso emergere.
In più, dobbiamo fare i conti con una grande e spietata concorrenza: in Italia le aziende crescono di numero ogni anno, e questa crescita esponenziale produce tanti effetti, tra cui
- riduzione del numero di impiegabili, che calano in numero e sono sempre più contesi tra le aziende
- emersione dei grandi gruppi a discapito dei produttori minori, vuoi per le maggiori capacità economiche, vuoi per le modalità di produzione più efficienti, vuoi per la possibilità di trattare ad alto livello con i top player del mercato
- scarsa competitività dei prodotti, per costi di produzione maggiori che si riflettono sulle possibilità di apertura ai mercati
C’è poi un altro elemento da analizzare e sottolineare: in Italia le aziende sono diventate potenti soprattutto a livello locale. Il romanticismo della località ci ha trascinati in un mondo di piccoli noti a livello locale, ma misconosciuti nel mondo o anche solo nelle regioni vicine.
Reagire a questa condizione è possibile, ma solo ad una condizione: non è più sufficiente emergere per la qualità del prodotto, ma per la sua comunicabilità.
Marketing significa esistere
In un modo che fluttua, cambia, si muove ed evolve a velocità molto superiore a quanto possano fare le aziende (o quantomeno quelle piccole), non fare marketing significa di fatto essere inesistenti. Non avere manifesti, totem multimediali, siti Web performanti, non curare i social, non controllare il marchio, non sfruttare metodi come l’affiliate marketing o l’influencer marketing significa mettere a tacere la voce, magari virtuosa, di un’azienda.
Certo, il prodotto può essere pur sempre di alta qualità. Il servizio può essere eccellente e riconosciuto dal pubblico, ma cos’altro?
Il vero gradino da superare non è la qualità del prodotto: quella è scontata, se non fosse presente l’azienda sarebbe già fallita o quasi. La qualità non può più essere il punto focale della forza di un’azienda.
Quel che davvero conta è la comunicabilità di quella qualità, il suo appeal, la sua capacità di mutare con i tempi e i temi, di coinvolgere fasce di pubblico più selezionate ma anche più interessate, di creare un vincolo emotivo con i consumatori anche mentre non acquistano o non utilizzano un certo prodotto.
Un grande marchio come Apple ha fondato la propria potenza di comunicazione non sulla qualità dei propri prodotti: gli addetti ai lavori individuano quotidianamente alternative di pari qualità (o superiore) a costi più accessibili. Il potere di Apple è nella protezione del suo brand (approfondisci qui, se vuoi sapere ancora di più su come vengono tutelati i marchi), nella sua community, nell’alone che crea intorno ai suoi clienti, nel suo servizio clienti di eccellenza e nell’aria che si respira vivendo in quell’ecosistema tecnologico. Come vedi, niente a che vedere con qualità o durevolezza del prodotto in quanto tale. In sostanza: Apple esiste grazie al marketing di altissimo livello che ha saputo costruire.
Ed è per questo che sentiamo parlare di Barilla nel mondo, e non del micro-produttore locale di pasta artigianale, se non dagli addetti ai lavori. Fallirà? Non possiamo dirlo con certezza. Ma possiamo essere sicuri di un fatto: sarà meno probabile fallire se si farà conoscere a sempre più addetti ai lavori in ruoli di comando e di decisione sostanziale.